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La vite nelle conquiste romane


    La colonizzazione greca aveva portato le viti dai terreni caldi e semiaridi dell'Asia Minore e delle isole egee verso le coste  settentrionali del Mediterraneo. Furono però i Romani a spingere la coltivazione della vite fino agli attuali limiti settentrionali ed anche oltre.
     Dalla Sicilia la vite si propagò rapidamente non solo nella Campania e nel Lazio, come conferma Sofocle, ma anche nella Valle Padana ed oltre, al seguito delle conquiste romane.

      I Romani, verso il 140 a.C., fondarono la prima colonia in Francia e nel 200 a.C. le prime due grandi colonie dell'impero in Spagna. L'avanzata delle legioni romane fra il 58 e il 52 a.C., provocò l'espansione della viticoltura nelle zone del Reno, della Mosella e in molte altre regioni, persino in Inglhilterra.
     La viticoltura, seguendo le orme delle armate romane, risalì il Rodano fino a Lione, raggiunse la Borgogna e si spinse sino al Reno. Seguendo il corso della Garonna, la vite raggiunse Bordeaux e, attraverso il Danubio, le regioni settentrionali d'Europa.
     A partire dal II secolo d.C. la coltivazione della vite si estese nella zona attualmente nota come "Cote du Rhone", da cui si otterranno poi i grandi vini di Borgogna, e nei pressi di Bordeaux, i cui vini, invece, acquistarono subito rinomanza.
     Nel III secolo, per opera anche dell'Imperatore Probo, la vite si era già spinta fino agli attuali confini settentrionali di coltivazione. I Romani, per ambientare la vite in regioni fredde, cercarono varietà più adatte. Nella valle del Rodano i vini erano ottenuti dalla varietà "Allobrogica". Oltre a selezionare i vitigni adatti, i Romani piantarono le viti sui pendii rivolti a mezzogiorno. Si ricorse anche all'uso dei vasi vinari di legno per avere un migliore effetto coibente e favorire la fermentazione prima e la conservazione dei vini poi.
     Nella Gallia Cisalpina la botte di legno incominciò ad essere usata anche per il trasporto del vino, mentre in altre zone, specie per limitate distanze, vennero impiegati recipienti di terracotta rivestiti e protetti da vimini, che si prestavano anche per la conservazione e l'affinamento del vino.
     A causa dell'andamento favorevole del commercio, la viticoltura e l'enologia ebbero uno sviluppo così incontrollato che ben presto si crearono notevoli eccedenze. La superproduzione dei vigneti della penisola e la concorrenza dei vini dell'Impero determinarono una grave crisi di sovrapproduzione che costrinse, nell'anno 92 d.C., l'Imperatore Domiziano ad emanare un editto che vietava l'impianto dei vigneti in Italia ed imponeva la loro soppressione nelle Province, conservandone al massimo il 50%.
     L'editto, che pare non sia stato poi applicato se non per il divieto di nuovi impianti, fu annullato nel 282 da Probo, che favorì la diffusione della vite in Francia, Spagna ed Ungheria.
     Solo in tempi relativamente recenti sono state costruite le prime cantine interrate per avere una temperatura quasi costante. Un esempio sono le Cantine Pommery, create lo scorso secolo a 30 metri di profondità e che collegano 120 cave di gesso gallo-romane, di cui alcune decorate con bassorilievi scolpiti direttamente nelle pareti. Vi regna una temperatura costante di 10° C. sia di estate che d'inverno.


     I Romani ancor più dei Greci e dei Fenici, con l'estendersi della loro dominazione contribuirono a fare conoscere e ad introdurre la vite nei territori dove essa non era ancora conosciuta, come la Germania, l'Inghilterra, ecc. e a fare apprezzare il vino, perfezionando la tecnica vitivinicola.